TITOLO: STEPSISTER. SORELLE DI SANGUE
AUTORE: JENNIFER DONNELLY
EDITORE: MONDADORI
GENERE: YOUNG ADULT – FANTASY – RETELLING
PUBBLICAZIONE: 23 GIUGNO 2020
In un mondo dove una ragazza può essere solo brava, obbediente e soprattutto bella, non c’è posto per giochi di guerra e corse a cavallo: ovvero per tutte le cose che Isabelle ama. Quando, costretta da Maman, si mozza le dita dei piedi per farle entrare nella scarpetta e aggiudicarsi il matrimonio con il principe, Isabelle viene scoperta. E al suo posto viene scelta Ella, la sorellastra buona, la perfetta Cenerentola delle fiabe. A Isabelle resta solo la vergogna più nera e l’ostilità di tutta Saint-Michel. Ma è proprio vero che il destino di una sorellastra “cattiva” è vivere ai margini e che l’unica strada possibile è quella dell’infelicità? Il marchese de la Chance non la pensa così e forse l’unica cosa che può salvare Isabelle è capire che per tutte c’è una possibilità, e che la vera bellezza è scegliere la propria strada e percorrerla senza voltarsi indietro. Questa è una fiaba oscura. È una fiaba crudele. È una fiaba da un altro tempo, un tempo in cui i lupi restavano ad aspettare le bambine nella foresta. Quel tempo è ormai passato. Ma i lupi sono ancora qui e sono due volte più scaltri. Le bestie rimangono. E la morte ancora si nasconde in una spolverata di bianco. È crudele per qualunque ragazza che smarrisca il sentiero. Più crudele ancora per una ragazza che smarrisca se stessa. Sappi che è pericoloso allontanarsi dal sentiero. E tuttavia è molto più pericoloso non farlo.
Ho iniziato questo libro come lettura di gruppo, cento pagine a settimana, ma poi è arrivato un momento in cui non sono stata più in grado di smettere di leggere e non ho potuto rispettare questa scadenza, per cui ho terminato questa meravigliosa storia tutto d’un fiato.
Sto parlando di Stepsister. Sorelle di sangue di Jennifer Donnelly.
Ammetto che amo i retelling e, soprattutto, amo quando un autore decide di approfondire un personaggio secondario o l’antagonista, cercando di spiegare le motivazioni che lo spingono a comportarsi in un modo piuttosto che in un altro; in particolare, nella fiaba di Cenerentola mi sono sempre chiesta cosa succedeva dopo alle sorellastre e se dietro al loro comportamento non ci fosse altro, invece che una naturale predisposizione alla cattiveria.
Questo libro quindi è proprio quello che cercavo!
Maman avrebbe vinto; vinceva sempre. Isabelle lo sapeva. Quante volte aveva reciso parti di se stessa perché sua madre le chiedeva di farlo? La parte che rideva a voce troppo alta. Che cavalcava troppo veloce e saltava ostacoli troppo alti. La parte che a tavola avrebbe voluto una seconda porzione, un altro po’ di condimento, una fetta di torta più grande.
Ho trovato una buona idea quella di mostrare come siano state l’avidità e la crudeltà della madre ad aver cambiato le scelte di Octavia e Isabelle, con le quali in questo libro si simpatizza molto.
Ma la vera bravura dell’autrice è stata quella di non raccontare semplicemente l’altro lato della medaglia, bensì di creare una storia parallela che scorre di pari passo alla prima, ma che diventa una fiaba a sé stante, con una nuova protagonista per la quale, alla fine, non si può non fare il tifo.
E se le fiabe rappresentano nell’immaginario collettivo quel mondo dove tutto va sempre a finire bene, direi che dare un lieto fine anche alle sorellastre di Cenerentola è proprio la ciliegina sulla torta.
Ciò che è fatto è fatto. Sia stato fatto a te o da te, non puoi cambiarlo. Ma ciò che non è fatto non è fatto.
Questo però non deve farvi pensare ad una favola tutta zucchero e miele anzi, la storia di Isabelle e Octavia è una storia di passione e rinascita; per arrivare al lieto fine le due ragazze passano attraverso una serie di eventi che metteranno a grande prova la loro anima e aiuteranno a far emergere le loro principali virtù. L’autrice ci offre il quadro di due ragazze oppresse da una società che poneva molti limiti al genere femminile, offre un ottimo spunto di riflessione su come erano le famiglie a dover decidere il futuro di una fanciulla senza darle mai la possibilità di esprimere veramente se stessa. Tavi e Izzy invece affrontano la vita di petto, senza arrendersi anche quando le cose sembrano irrisolvibili e arrivano a liberarsi di ogni orpello che la società impone, libere finalmente di essere se stesse.
In questo triste, difficile mondo esiste la magia. Una magia più potente del destino, più potente della sorte. Visibile nei luoghi più improbabili. Di notte, presso un focolare, dove una ragazza lascia un pezzo di formaggio per un topo affamato. In un macello, dove i vecchi e gli infermi, i deboli e gli emarginati contano più dei soldi. Nella piccola mansarda di un povero carpentiere, dove tre sorelle imparano che il prezzo del perdono è perdonare.
Mi è piaciuta molto l’idea di intrecciare questa storia con un po’ di mitologia e di credenza popolare facendo entrare in gioco le Moire e la regina delle fate, anche se non ho apprezzato l’accanimento della prima, quasi che l’autrice voglia sottolineare che il destino una volta scritto non è mutabile, mentre tutta l’intera storia tende a dimostrare il contrario.
Mi è piaciuto molto il personaggio di Chance perché è l’elemento di rivalsa: è attraverso lui che le sorelle hanno quello che da sempre desiderano, ovvero la possibilità di essere se stesse e non quello che la società pretende da loro.
In alcuni passaggi non è stato semplice non farsi travolgere dalla collera nei confronti dei concittadini delle due ragazze che l’autrice ha usato per dimostrare come, a volte, la realtà può essere manipolata per far credere agli altri quello che si vuole.
Le proteste le morirono in gola. Era terribile dover spezzare il cuore del principe, ma lo era ancora di più spezzare quello di sua madre. Non considerò, neppure per un istante, ciò che voleva il suo cuore, perché i desideri di una ragazza non contavano.
Isabelle, la vera protagonista della storia, è un personaggio splendido, è una ragazza forte, caparbia, con una volontà di ferro che non si arrende mai di fronte a nessuna avversità e nonostante il destino le si accanisca contro lei si rialza sempre. In questa sua forza, Isabelle mostra anche un lato delicato, un cuore grande che si nasconde dietro un atteggiamento ruvido e antipatico, che cerca di mascherare la rabbia che prova nei confronti della vita. Isabelle ha un unico desiderio: essere bella, perché le ragazze belle hanno tutto. Questo è quello che la società le ha insegnato e dimostrato finora, ma sarà lei a dimostrare al mondo che la vera bellezza risiede altrove: risiede in un cuore saldo e generoso che mette al primo posto gli altri piuttosto che se stessa.
Era in grado di eseguire quell’impossibile compito perché aveva un dono, un dono molto più prezioso di un viso incantevole o di un piede minuto. Isabelle aveva un’indomita forza di volontà. Non sapeva che un simile dono era un pregio per una ragazza, perché tutti quanti le avevano sempre detto che era un terribile difetto.
Ed è così che la favola prende una piega totalmente diversa, raccontando una storia con una morale propria e ripristinando quei legami che nella fiaba originale venivano distrutti. Intorno ad Isabelle poi ruotano alcuni personaggi importanti per il riscatto della protagonista: innanzitutto Octavia, l’altra sorellastra, vero emblema di come la società sia omologata in rigidi schemi in cui tutti devono rientrare, sopravvive nell’ombra di Isabelle fornendole sostegno e conforto. Nel loro rapporto, che si rafforza e diventa la chiave della salvezza, l’autrice pone uno dei perni del romanzo stesso: l’amore fraterno, che non si sceglie e sopravvive a qualsiasi disastro, portando le nostre fanciulle alla rinascita. Poi Hugo figlio della fattora, che diventa lo specchio attraverso cui le due sorellastre riescono finalmente ad avere la vera visione di se stesse.
Hugo non disse nulla di astioso. Al contrario, si abbassò lo sguardo sulle mani e disse: «Tu mi spaventi, Isabelle. Non ho mai conosciuto una ragazza come te. Sei una combattente, feroce come il diavolo. Non ti dai mai per vinta. Non sai cedere. Non ho mai visto qualcuno raccogliere cavolfiori tanto in fretta soltanto per una scodella dell’insipida minestra di mia madre. Non hai bisogno di nessuno, tu. Di certo, non hai bisogno di me». Alzò lo sguardo. «Non voglio sposare neppure te, Tavi. Tu non sei spaventosa. Sei soltanto strana.»
Felix, il ritrovato amore, che dona nuova speranza e nuova spinta ad Isabelle, cercando di mostrarle ciò che lui ha sempre visto; il Marchese de la Chase, Tantine e Tanaquill, gli elementi soprannaturali che cercano di tirare o spingere Isabelle verso la strada che preferirebbero (i primi due) e di spingerla a capire e credere in se stessa per compiere le scelte giuste (la terza). Infine la stessa Ella, già protagonista della su favola, che assume sfumature non proprio positive tirando fuori i suoi scheletri e dimostrando che davvero non è tutto bianco o nero, ma che la vita è composta di tante sfumature che vanno abbracciate.
«Allora, perché ?» “Perché tu te ne sei andato e ti sei portato via tutto” pensò. “I miei sogni, le mie speranze, la mia felicità.” Ma non sarebbe mai riuscita ad ammetterlo di fronte a lui. A stento riusciva ad ammetterlo a se stessa.
Per non parlare poi della svolta battagliera dell’intera storia che davvero non mi aspettavo e che mi ha sorpreso come un fulmine a ciel sereno per la bellezza delle immagini che l’autrice riesce a generare.
Insomma una storia stupenda, nuova, diversa e allo stesso tempo catartica, che non fa simpatizzare per le sorellastre ma che porta ad amare le nuove protagoniste.
Da leggere senz’altro!
VOTO:
SENSUALITÀ:
VIOLENZA:
VOTO ISABELLE:
RECENSIONE A CURA DI:
EDITING A CURA DI: